🟠 Vacanze egiziane
Un progetto turistico sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti in Egitto potrebbe ridefinire l'influenza di Abu Dhabi nel Nord Africa e oltre
Ciao, rieccoci su Borders 🌍
Oggi in ritardo per alcuni problemi tecnici e partiamo pure con un’altra comunicazione di servizio: settimana prossima non arriverà la newsletter, ne approfitterò anche io per fermarmi un attimo.
Colgo l’occasione per ringraziare chi segue Borders e dare il benvenuto alle persone che si sono iscritte di recente: sono molto soddisfatto di questi primi mesi insieme e del feedback che ho ricevuto. Da aprile ripartirò più carico di prima, con alcune cose interessanti in programma.
Questo sabato continuiamo il nostro itinerario tra le mete da sogno, per spostarci in una destinazione ancora tutta da costruire: la località egiziana di Ras al-Hekma, che potrebbe diventare la prossima Sharm el-Sheikh.
La sua scalata al successo sarà il frutto di un ingente investimento da parte degli Emirati Arabi Uniti, che hanno messo mano al portafogli per trasformare questa zona costiera in un polo turistico globale.
Dietro questo accordo c’è ovviamente molto altro, per cui non ci resta che cominciare 🔽
Vacanze egiziane
«In una limpida giornata d'inverno all'inizio di quest'anno, chi viveva sul vasto promontorio egiziano di Ras al-Hekma alzando lo sguardo potrebbe aver visto un aereo volteggiare nel cielo. Da qui, alti funzionari degli Emirati Arabi Uniti si stavano interessando a una delle ultime grandi aree selvagge della costa mediterranea».
Inizia così l’approfondimento di Bloomberg dedicato a Ras al-Hekma, una località balneare situata sulla costa settentrionale egiziana, a pochi passi dal confine con la Libia.
Durante il secondo conflitto mondiale, qui le truppe italo-tedesche furono sconfitte dall’esercito britannico; dopo essere state bonificate dalle mine, queste spiagge dorate ora si candidano a rivaleggiare con hub del turismo regionale come Sharm el-Sheikh, Hurghada, Marsa Alam ed El Quseir.
Sarà possibile grazie a un mastodontico piano da trentacinque miliardi di dollari siglato dall’Egitto con gli Emirati Arabi Uniti qualche settimana fa, che trasformerà la costa di Ras al-Hekma in una città futuristica, progettata per diventare una delle destinazioni turistiche più innovative al mondo.
Il primo ministro egiziano Mostafa Madbouly ha descritto questo progetto come il più grande accordo nella storia del suo Paese: potrebbe attrarre più di centocinquanta (!) miliardi di dollari di investimenti.
E allora via di hotel extralusso, strutture ricettive, scuole, resort e tutto ciò che serve a fare di Ras al-Hekma un luogo avveniristico. Con una rapida googlata è possibile imbattersi in decine di progetti immobiliari che dipingono una meta incantevole, con piccoli caseggiati e bungalow prevalentemente dai toni chiari, un po’ come un’isola greca.
In Egitto alcuni prendono come modello la città di El-Gouna, costruita sulla costa orientale del Mar Rosso qualche decennio fa, che oggi ospita festival cinematografici e musicali e si è affermata sia come destinazione turistica che come zona residenziale.
A Ras al-Hekma sarà tutto intelligente, dai trasporti a basse emissioni fino a un tessuto urbano che dovrebbe comprendere un’isola artificiale, per ospitare al meglio il traffico portuale di yacht, panfili e qualsiasi altra sfarzosa imbarcazione.
La costruzione di smart cities non è una novità da queste parti e le monarchie del Golfo, Emirati e Arabia Saudita in primis, ne hanno fatto una priorità della loro strategia di sviluppo. Skyline brillanti, infrastrutture green e innovazione tecnologica guidano la costruzione di questi nuovi agglomerati urbani, principalmente nel deserto.
Grazie ai fondi emiratini, al Cairo sono sorte zone residenziali come Sheik Zayed, lussuosa località alla periferia della capitale che porta il nome proprio del leader emiratino Mohammed bin Zayed Al Nahyan; oppure luoghi di aggregazione come il Mall of Egypt, un centro commerciale che ha persino una pista da sci al proprio interno.
D’altronde anche la stessa firma dell'accordo con gli Emirati è avvenuta nella New Capital egiziana, una maestosa città sorta quasi dal nulla a settanta chilometri dal Cairo, che il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha reso il centro politico e amministrativo del Paese.
Una politica tutt’altro che balneare
L’accordo firmato dagli Emirati Arabi Uniti in Egitto va oltre gli intenti turistici e i target economici e rientra invece in una consolidata strategia, che vuole portare il governo di Abu Dhabi tra i pesi massimi della politica globale.
Innanzitutto, i trentacinque miliardi promessi al Cairo per Ras al-Hekma, insieme all’intervento del Fondo monetario internazionale, serviranno a sanare la profonda crisi valutaria egiziana, che avrebbe potuto compromettere la stabilità politica del Paese. L'Egitto dovrebbe ricevere il 35% dei profitti del progetto.
Il patto con il Cairo potrebbe offrire ad Abu Dhabi l’opportunità di imporre ulteriormente la sua influenza sul governo di al-Sisi, grazie anche all'acquisizione di partecipazioni in società statali.
Queste mosse hanno portato l’Egitto sotto i riflettori anche in altre capitali del Golfo, attirando l’attenzione di sauditi e qatarini, pronti ad accrescere il proprio peso nel Paese nordafricano.
(In risposta al maxi investimento degli Emirati, i sauditi avrebbero ripreso i colloqui con l’Egitto per lo sviluppo del sito turistico di Ras Ghamila, sulla costa orientale del Sinai, del valore di “appena” quindici miliardi di dollari).
Allo stesso tempo, nell’ultimo periodo gli Emirati Arabi Uniti si sono accreditati come importante player geopolitico in tutto il continente africano, dove i finanziamenti cinesi per le infrastrutture locali sono in calo rispetto al passato e l'impegno occidentale latita.
Gli investimenti emiratini si concentrano su energia rinnovabile, logistica e tech, in economie come Egitto, Marocco, Sudafrica e Kenya, dove le infrastrutture e l'espansione economica stanno alimentando la domanda di energia.
I consistenti flussi di denaro di Abu Dhabi sono stati abbinati a una spinta diplomatica molto chiara: la monarchia di Abu Dhabi ha sostenuto il generale Khalifa Haftar nella guerra civile in Libia e il presidente etiope Abiy Ahmed nella sua lotta contro i ribelli del Tigray.
Queste ambizioni hanno portato gli Emirati oltre la storica sfera di influenza nordafricana, toccando il vicino Corno d'Africa e poi il resto del continente. Un Paese geograficamente piccolo, da appena dieci milioni di abitanti, può trasformarsi in una potenza capace di competere con Europa, Stati Uniti e Cina? A quanto pare sì.