🟠 Una notte da leoni
Il prossimo weekend non si voterà solo per le Elezioni europee, ma anche in Belgio: l'ascesa della destra fiamminga potrebbe riaccendere le tensioni separatiste?
Ciao, rieccoci su Borders 🌍
Oggi è 1° giugno, quale giorno migliore quindi per presentare una novità: è arrivata l’estate e ho deciso di cambiare la cadenza di uscita della newsletter, che diventerà bisettimanale.
Per il momento, è il modo migliore per riuscire a integrarla nei miei impegni riuscendo allo stesso tempo a offrirti un prodotto di qualità. Cercherò di lavorare alle storie in modo più approfondito e quella di oggi è il primo esperimento di questo nuovo corso.
D’altronde è estate, bisogna concedersi un po’ di «vita lenta»: più approfondimento, meno frenesia e più tempo per poter consumare ogni episodio al meglio.
Ripartiamo dal Belgio (per la gioia delle persone che leggono Borders da Bruxelles, una delle comunità più rappresentate), dove il prossimo weekend oltre alle elezioni europee si terranno anche quelle per scegliere il nuovo governo locale: l’occasione perfetta per scoprire qualcosa di più sulle Fiandre di lingua olandese (a nord), la Vallonia di lingua francese (a sud) e la regione di Bruxelles-Capitale.
In particolare, nelle Fiandre sta facendo particolarmente rumore l’ascesa della destra, che potrebbe giocare un ruolo fondamentale alle prossime elezioni, e la sua storia è strettamente legata a quella di una bandiera.
Mentre la bandiera delle Fiandre, ufficialmente riconosciuta, mostra un leone con artigli e lingua di colore rosso, molte altre bandiere frequentemente utilizzate raffigurano un leone completamente nero. Da dove derivano le diverse versioni e perché una di esse è così spesso associata all'estrema destra? E cosa c'entra tutto questo con il separatismo fiammingo?
Cominciamo 🔽
Una notte da leoni
Quando il partito fiammingo di estrema destra Vlaams Belang (in italiano «Interesse fiammingo») nacque nel 2004, per la prima volta apparve nel logo un leone completamente nero, il simbolo più importante del movimento fiammingo dalla fine del diciannovesimo secolo.
Il conte di Fiandra Filippo I, comunemente noto come Filippo d'Alsazia, indossò per la prima volta un leone che si ergeva sulle zampe posteriori nel 1136, con lingua e artigli rossi.
Il leone divenne un simbolo molti secoli dopo anche grazie allo scrittore fiammingo Hendrik Conscience, un pioniere della letteratura in lingua olandese in un'epoca in cui le classi superiori del Belgio parlavano soprattutto francese, con opere come il romanzo storico «De Leeuw van Vlaanderen», ovvero «Il Leone delle Fiandre» (come ti sbagli).
Fu però la Prima guerra mondiale a determinare l'incompatibilità tra la bandiera belga e il leone fiammingo, generando dibattito sul fatto che la lingua e gli artigli del leone fiammingo dovessero essere rossi o meno.
I separatisti e nazionalisti che sostenevano il Movimento fiammingo - chiamati «flamingants» sia in olandese che in francese - iniziarono a raffigurare il leone completamente nero su uno sfondo giallo, eliminando il rosso che avrebbe dato alla bandiera tutti i colori del Belgio. Durante la Seconda guerra mondiale, l'avversione per il rosso nel leone e nel tricolore belga raggiunse il suo apice.
Questo scontro tra leoni si rinnovò anche nel 1973, quando fu scelto il logo ufficiale per la Comunità fiamminga e la decisione ricadde sul leone originale di Filippo d'Alsazia, con la lingua e gli artigli rossi.
I «veri» flamingants - ovvero i nazionalisti - mantennero però la bandiera con il leone nero, che per loro simboleggia ancora l'emancipazione fiamminga. Per altri però, questo vessillo oggi è molto problematico ed è associato ai movimenti collaborazionisti con gli occupanti nazisti.
Le contraddizioni non si sono ancora sopite, perché l’ultra-destra di Vlaams Belang ha rivendicato per sé il leone nero e altri partiti pro-Fiandre temono che la bandiera del leone sarà associata a un partito xenofobo.
Vlaams Belang è infatti nato sulle rovine del Vlaams Blok (che sta per «Blocco fiammingo»), movimento che si era sciolto a seguito di una condanna, da parte della Corte di cassazione del Belgio, per violazione della legge sul razzismo e la xenofobia.
Attualmente, i nazionalisti fiamminghi più radicali che aspirano al separatismo (come Vlaams Belang) o al confederalismo (come N-Va, la «Nuova alleanza fiamminga»), considerano ancora il leone nero come un simbolo di resistenza e lotta contro l’«establishment belga».
In vista della formazione del governo federale nel settembre 2020, ad esempio, migliaia di membri e sostenitori di Vlaams Belang hanno montato la bandiera sulle loro auto e sono andati a Bruxelles per protestare contro la coalizione che si stava formando.
Per i nazionalisti fiamminghi, la bandiera nero-gialla è quella «che è stata meno macchiata dalle concessioni ai francofoni», contrariamente a quella con la lingua e gli artigli rossi, che esprime solo debolezza.
Dato il crescente malcontento nei confronti del governo federale, alcuni analisti ora temono che Vlaams Belang e N-Va possano emergere come i grandi vincitori delle elezioni della prossima settimana: secondo i dati di Politico, sarebbero al 48% dei consensi totali nelle Fiandre.
Un microcosmo europeo
Il Belgio si avvicina a una tripla elezione nel prossimo weekend, per eleggere un nuovo parlamento federale, i parlamenti regionali e i membri del Parlamento europeo (che votiamo anche noi), tutto nello stesso giorno. È ciò che il paese chiama la «madre di tutte le elezioni».
Non deve essere semplice governare un paese con sei parlamenti e tre lingue ufficiali come il Belgio, ma deve essere altrettanto complicato riuscire a vincere le elezioni e riuscire a formare un governo. Ma anche non confondersi quando si va a votare.
La tripla votazione potrebbe mettere il paese in difficoltà: nelle Fiandre dovrebbero essere proprio i nazionalisti a trionfare, mentre nella metà meridionale francofona, la Vallonia, la campagna è stata dominata dai socialdemocratici e dalla sinistra estrema.
Politici e leader ciclicamente si interrogano se il Belgio si possa dividere nelle sue parti costitutive: le Fiandre di lingua olandese nel nord e la Vallonia francofona nel sud.
Attualmente, il Belgio esiste come un microcosmo, frutto dello sforzo cooperativo multiculturale che è l'Europa moderna. L'impegno della nazione per la diversità linguistica e culturale è radicato nella sua costituzione: non c'è da meravigliarsi se l'Unione Europea ha collocato così tante delle sue istituzioni nella capitale del Belgio, Bruxelles.
Come l'Unione europea, però, ora affronta le stesse ondate crescenti di nazionalismo e populismo: riuscirà a sopravvivere?
Aria di indipendenza
Il Belgio sembra rappresentare, in molti modi, la cooperazione multiculturale che l'Ue spera di promuovere. Nonostante - o forse a causa di - queste divisioni, i politici fiamminghi e valloni spesso non sono d'accordo sulla direzione e sulla composizione del governo federale.
La Vallonia e Bruxelles tendono a eleggere politici progressisti, mentre le Fiandre si sono orientate a destra negli ultimi anni. Queste divisioni politiche, combinate con le differenze culturali e linguistiche, hanno portato alla rinascita del separatismo, con le Fiandre in prima linea.
Stando ai sondaggi, i belgi sarebbero nel loro complesso contrari alla rottura, ma non c'è una maggioranza schiacciante al riguardo. E poi, la crescita di N-Va e Vlaams ha cementato l’idea che il nazionalismo fiammingo sia particolarmente vivo.
Gli obiettivi principali dell'agenda di Vlaams Belang sono la fine del Belgio come lo conosciamo e l'istituzione di una repubblica fiamminga con forti restrizioni sull'immigrazione.
Tom Van Grieken, che è diventato presidente di Vlaams a soli ventotto anni e che lo ha guidato al successo, è sembrato fermo nei suoi piani per l'indipendenza. «Crediamo che il Belgio sia un matrimonio forzato», ha detto Van Grieken qualche tempo fa.
La sua strategia consiste nel diventare il più grande partito delle Fiandre alle prossime elezioni, che gli darebbe la possibilità di scegliere il suo partner di coalizione per il governo: idealmente, sarebbe l'N-Va. Poi, il governo fiammingo potrebbe emettere una dichiarazione di sovranità per costringere i partner di coalizione francofoni a negoziare la fine del Belgio.
Non è però così semplice e ci sono diversi ostacoli anche in caso di vittoria. N-Va non sembra così entusiasta di formare un governo con Vlaams Belang: una mossa del genere romperebbe anche il «cordone sanitario» contro l’estrema destra, un tema particolarmente sensibile in Belgio.
Anche se N-Va dovesse unirsi all'estrema destra, il lato francofono della politica belga probabilmente non si presenterebbe al tavolo delle trattative. Tuttavia, ognuno di questi passi creerebbe ulteriore instabilità politica e ciò potrebbe da solo promuovere la causa dell'indipendenza.
Ragionando sulla carta, l'implosione dello stato belga potrebbe avere implicazioni più ampie anche per l'esperimento europeo nel suo complesso. Dopotutto, se il Belgio, un microcosmo dell'Ue e dei suoi valori, non riesce a restare unito, cosa potrebbe accadere all'unione?
Per approfondire:
Se la puntata ti ha incuriosito e non vuoi più fare a meno della politica belga, devi provare la guida for dummies di Politico, dove trovi molti dei concetti che abbiamo discusso qui.
Momento di auto-promozione: in queste settimane che porteranno alle elezioni in Regno Unito, su Linkiesta troverai un po’ di miei pezzi sull’argomento: ho raccontato l’ascesa del Partito laburista, il grande favorito per la vittoria, qui e qui.