🟠 Kiribati, dove il meme diventa realtà
Un minuscolo gruppo di isole sta attirando l'attenzione sui social, ma Cina e Stati Uniti lo osservano da tempo
Ciao! Rieccoci su Borders 🌍
Questo sabato andiamo in un posto sperduto del Pacifico che adesso è sotto i riflettori: le isole Kiribati.
Se ne parla sempre di più per vari motivi, tra cui una presenza attivissima (e ironica) delle isole sui social e la competizione tra Cina e Stati Uniti per l’influenza sul Paese.
Gli ingredienti ci sono tutti, cominciamo 🔽
Kiribati, dove il meme diventa realtà
Gli ottocento chilometri quadrati delle isole Kiribati nelle ultime settimane sono diventati una delle aree a più alta densità memetica, soprattutto grazie a un account molto attivo su X.
Tutto è partito da una risposta del profilo @KiribatiGov a un post sprezzante in cui un utente ha preso in giro la nazione per i nomi di alcune delle sue località: Poland, Paris, London e Banana.
«Penso che Kiribati si sia arresa quando è arrivato il momento di dare un nome alle sue città», ha scritto l'utente, accanto a una mappa di Kiritimati, un atollo che fa parte delle Kiribati. La risposta di @KiribatiGov non si è fatta attendere: «Bene. Non sei invitata».
Il post è stato visualizzato decine di milioni di volte ed è subito diventato virale, trasformando il profilo in un pozzo inesauribile di meme per i giorni a venire.
Da questo momento in poi, le migliori follie si sono susseguite sul feed delle Kiribati, con post che recitano: «I confini non significano nulla per la nostra nazione emergente. Ora rivendichiamo le Hawaii come nostre» (con un evidente omaggio a questa newsletter).
Il Kiribati-posting è infatti andato avanti con questa sua strana interpretazione di nazionalismo, che mescola le gif di Trump e i meme di The Office o risponde dicendo «We're on the equator. We've always been hot» e «Center of the world, baby».
Questa audace promozione (unita al caos sulle spunte blu di X) ha fatto pensare che dietro l'account ci fosse l'ufficio del presidente, anche se un portavoce del governo ha smentito questa teoria.
Quel che è certo è che lo shitposting sta comunque rafforzando l’immagine di Kiribati, che ha appena lanciato un nuovo piano per promuovere il turismo sostenibile. I dati di Google Trends hanno mostrato che le ricerche sul Paese sono schizzate in seguito all’ondata virale.
«Ci siamo appena resi conto che il nostro brand si trova al confine tra le campagne di Pyongyang ("La Corea del Nord è la miglior Corea") e quell'amico che ti manda troppi meme», ammette candidamente @KiribatiGov.
Relax ma non troppo
Kiribati è un Paese insulare situato nel centro dell'Oceano Pacifico e composto da trentatré isole, di cui solo venti sono abitate, sparse su un'ampia area oceanica a sud-ovest delle Hawaii. I suoi territori furono utilizzati per i test nucleari statunitensi e britannici negli anni Sessanta; ora qui sorgono piantagioni di cocco e attività di piscicoltura, oltre a diverse stazioni di telemetria satellitare.
Le palme da cocco dominano il paesaggio su ogni isola e le noci di cocco sono tra i principali ingredienti della dieta locale: non solo le noci stesse ma anche la linfa, che viene raccolta e utilizzata in cucina o come bevanda dolce; fermentata, diventa addirittura una bevanda alcolica.
Se di fronte a questa lussureggiante descrizione vedi le Kiribati come un luogo incontaminato e ti stai già immaginando su un’amaca al sole con la tua noce di cocco, aspetta un attimo: questa è comunque Borders e se ne parliamo vuol dire che qualcosa si sta muovendo ai confini.
A fine febbraio gli Stati Uniti hanno avvertito le isole di non accettare il sostegno delle forze di sicurezza cinesi nella gestione del Paese, esprimendo preoccupazione dopo una serie di segnalazioni che avevano indicato la presenza di polizia cinese a Kiribati.
Qualche giorno prima, Reuters aveva riportato in esclusiva l'avvistamento di agenti di polizia cinesi in uniforme sul campo, impegnati in programmi di pattugliamento della comunità e gestione dei dati criminali.
Kiribati non ha mai annunciato pubblicamente l'accordo sulla sicurezza con la Cina, arrivato mentre Pechino cerca di espandere la sua influenza nelle isole del Pacifico e sfidare gli Stati Uniti in questa regione.
In realtà, sono decenni che i cinesi cercano nuove alleanze nell’area ma è stato solo dopo un accordo di sicurezza con le Isole Salomone nel 2022 che gli Stati Uniti e i loro soci hanno iniziato a rendersi conto della minaccia.
Nonostante le loro dimensioni ridotte, le Kiribati hanno un’importanza strategica in questa zona: oltre ad essere vicine alle Hawaii, controllano una delle più grandi zone economiche esclusive al mondo, che copre più di 3,5 milioni di chilometri quadrati dell'Oceano Pacifico.
(Una zona esclusiva è un bell’affare: è un’area in cui uno Stato costiero è titolare di diritti esclusivi di sovranità in materia di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse o di installazione di strutture).
Qualche tempo fa la Cina ha anche annunciato di voler ricostruire una pista di atterraggio militare usata dagli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale sull'isola locale di Kanton, suscitando nervosismo a Washington.
La vicinanza alle Hawaii è potenzialmente pericolosa e questa base darebbe ai bombardieri strategici cinesi una maggiore portata per attaccare gli Stati Uniti. Gli americani hanno risposto promettendo di migliorare il molo di Kanton e di aprire un'ambasciata nel Paese.
Il rapporto di Washington con queste isole è storico e Kiribati è stato il luogo in cui si è svolta la battaglia di Tarawa, uno degli scontri più sanguinosi per l’esercito a stelle e strisce durante la Seconda Guerra Mondiale.
La battaglia è ancora vista dalla comunità locale come un segnale di sacrificio condiviso e di impegno comune con gli Usa per sostenere la pace e la stabilità nell'Indo-Pacifico, ma qualcosa potrebbe cambiare.
L’assertività di Pechino su questi dossier è forte e cavalca le leadership locali, come abbiamo visto con le Maldive, o gli investimenti delle aziende cinesi. Gli ultimi anni hanno visto Kiribati avvicinarsi sempre più alla Cina, ma gli Stati Uniti non staranno a guardare.
Per approfondire:
Perché Stati Uniti e Cina si contendono l'influenza sulle nazioni insulari del Pacifico, su Bloomberg;
Biden corteggia i leader delle isole del Pacifico per difendersi dalla concorrenza cinese;
I leader hanno però avvertito che meno finanziamenti da parte degli Stati Uniti potrebbero significare più Cina nella regione.