🟠 Fare il pirata al tempo dei social
Un influencer yemenita e la sua ascesa online durante il conflitto tra l'Occidente e i ribelli Houthi nel Mar Rosso
Ciao, rieccoci su Borders 🌍
Grazie a chi ha letto, condiviso e apprezzato l’ultima puntata dedicata alle Maldive: ha battuto tutti i record della (breve) storia di Borders.
Oggi cade il secondo anniversario dell’aggressione russa in Ucraina e sembra passato pochissimo tempo. Ricordo ancora che quella mattina ero sveglio dal mattino presto, poco dopo le 6, per seguire gli sviluppi. Quando arrivò la notizia dell’invasione, si capiva che il mondo non sarebbe stato più lo stesso.
Al conflitto in Ucraina ho dedicato la prima puntata di Borders, puoi recuperarla qui: in futuro torneremo sull’argomento con nuove storie.
Oggi però voglio portarti in Medio Oriente, nello specifico sulle coste del Mar Rosso, dove lo scontro tra l’Occidente e i ribelli yemeniti Houthi per il controllo del traffico marittimo passa anche dai post di un content creator 🔽
Fare il pirata al tempo dei social
Il Mar Rosso è una delle zone nevralgiche del commercio mondiale, tra Oriente e Occidente, e ospita alcune delle località balneari più ambite del globo, come Sharm el Sheikh; ultimamente però è anche la dimora di Rashid al-Haddad, un ragazzo che ha stravolto la narrazione di un conflitto globale.
La lotta tra le forze occidentali e i ribelli Houthi dello Yemen per la sicurezza dei canali di navigazione del Mar Rosso va avanti da qualche mese, in parallelo agli scontri a Gaza, sia in acqua che online.
Il 15 gennaio scorso, un utente su X ha ripostato un video di un giovane che naviga intorno alla Galaxy Leader, una nave cargo sequestrata dai militanti Houthi.
Quel giovane era Rashid al-Haddad e il filmato ha ottenuto milioni di views, proiettando il ragazzo yemenita al centro del racconto social degli scontri. Alcuni utenti lo hanno soprannominato Timhouthi Chalamet, per la sua somiglianza con il fidanzato di Kylie Jenner.
Si può diventare influencer durante un conflitto? Secondo Al-Haddad, sì: spesso ha pubblicato sui social delle foto in cui indossa dell’equipaggiamento da guerra e trasporta armi, un vero Jack Sparrow versione Gen Z.
Con una strategia estesa (multicanale, direbbero gli esperti di comunicazione), gestisce account su Facebook, Instagram, Threads, YouTube e Snapchat, con migliaia di follower.
Ad esempio, la sua pagina YouTube ha pubblicato il primo video un anno fa e conta oltre ventiseimila iscritti. Su Threads, si definisce "personalità mediatica, attore e fotografo" e sottolinea il suo ampio seguito.
Sulla scia di questo successo, gli account legati ad al-Haddad hanno remixato i filmati del suo viaggio sulla Galaxy Leader e li hanno spinti in cima ai feed. «Il re dei pirati è arrivato nel Mar Rosso. Palestina libera», ha scritto Rashid su X, postando un video che lo ritrae sulla nave, con un accenno di barba e una camicia color kaki.
In un altro post prova a rievocare il pathos di Pirati dei Caraibi e posa davanti alla telecamera reggendo la bandiera nazionale e guardando verso l’orizzonte.
In realtà non è ben chiaro se il ragazzo sia effettivamente un pirata o un militante Houthi, o nessuna delle due: le sue thirst trap con tanto di Ak-47 sembrano piuttosto chiare al riguardo, ma effettivamente non ci sono conferme che abbia partecipato ai raid dei ribelli.
Nella migliore tradizione dell’influencing mondiale, potrebbe trattarsi di un mitomane o di un millantatore? Di sicuro non è passato inosservato: «Dove posso trovare questi pirati? Chiedo per un’amica», si domanda più di qualche ragazza nei commenti.
Un puzzle acquatico
La Galaxy Leader, che fa da sfondo ai post di Rashid al-Haddad, è stata sequestrata l'11 novembre scorso, nell'ambito di una campagna lanciata nel Mar Rosso dai militanti Houthi dello Yemen contro le navi collegate a Israele, in risposta alla guerra che gli israeliani stanno conducendo contro Hamas a Gaza.
La tensione in quest’area sta mettendo a rischio la navigazione in una rotta chiave per il commercio tra Asia, Medio Oriente ed Europa. Il Mar Rosso unisce gran parte del globo attraverso il canale di Suez, lo stretto di Bab el-Mandeb e il golfo di Aden.
Sulle sponde delle sue acque si annidano sostanziosi interessi, con vari Paesi che si affacciano sulla rotta: a nord, Egitto, Israele e Arabia Saudita; scendendo verso sud, Sudan, Yemen e i Paesi del Corno d’Africa, compresa la città-Stato di Gibuti, fondamentale per gli interessi militari ed economici delle grandi potenze.
Gli Houthi infatti controllano la capitale Sana’a e il nord-ovest dello Yemen, compresa la costa del Mar Rosso. La maggior parte della popolazione locale vive in queste aree e i ribelli gestiscono un governo de facto. L’esecutivo dello Yemen riconosciuto a livello internazionale ha invece sede nel porto meridionale di Aden.
A dicembre gli Stati Uniti hanno lanciato l'operazione Prosperity Guardian, una forza di coalizione multinazionale progettata per fungere da "pattuglia autostradale" e proteggere le rotte commerciali del Mar Rosso, su cui transitano normalmente circa il 30% del traffico mondiale di container e oltre 1.000 miliardi di dollari di merci.
Il 12 gennaio scorso, Stati Uniti e Regno Unito hanno compiuto un ulteriore step lanciando attacchi aerei contro sedici diversi obiettivi militari in Yemen e segnando la prima escalation di un conflitto che coinvolge indirettamente anche l’Iran, che degli Houthi è un sostenitore.
Anche l’Ue ha lanciato una sua operazione di protezione navale nella regione, denominata Aspides, che coinvolge tre fregate e inizialmente durerà un anno. Non prevede attacchi alle postazioni Houthi in Yemen, ma operazioni puramente difensive.
Sullo sfondo del conflitto tra Israele e Hamas si muove un puzzle regionale molto intricato, che va dall’Egitto fino all’Iran: la sfida per il Mar Rosso è un pezzo fondamentale, forse il più delicato per gli equilibri mondiali.
Proprio per l’importanza dell’area, in questi mesi gli Houthi si sono accreditati sullo scenario internazionale, passando da gruppo di ribelli locali ad attore determinante per il Medio Oriente.
A questo punto la loro strategia non si ferma solo al conflitto a Gaza e rappresenta un dossier distinto, che potrebbe causare non pochi a problemi a Washington. La reazione anglo-americana non ha indebolito i ribelli, che anzi sembrano intenzionati a rilanciare lo scontro, rischiando di coinvolgere Paesi come Arabia Saudita o Iran.
Per approfondire:
L’intervista di Reuters a Rashid al-Haddad;
Come gli attacchi degli Houthi stanno danneggiando il commercio globale, sul New York Times e sul Council on Foreign Relations;
Il rapporto tra Iran e Houthi, spiegato dal Middle East Institute.
Un libro 📘
Giacomo Bottos, Francesco Rustichelli, Francesco Salesio Schiavi, Jacopo Scita, Gabriele Sirtori (a cura di), Il trono di sabbia. Stato, nazione e potere in Medio Oriente.